
Regione che vai, Natale che trovi: un viaggio nella tradizione culinaria italiana
Risulta quasi scontato sottolineare il primato della cucina italiana per quanto riguarda la varietà di prodotti agroalimentari e di piatti tipici. Tradizioni così genuine, e gelosamente custodite, trovano un palcoscenico d’eccezione nel Natale, per natura occasione di ritrovo, convivialità e condivisione, da suggellare con pasti luculliani.
Accanto ai più noti canederli, in Trentino – Alto Adige troviamo i tirtlan: dischi di pasta fresca con un ripieno di ricotta e patate lessate e poi saltate in padella con erba cipollina, fritti e consumabili sia caldi che freddi.
In Veneto, si gioca il primato con il baccalà il manzo lessato con il cren. La cottura avviene a fuoco lentissimo per almeno tre ore, e la carne viene poi gustata a fette accompagnata dalla piccante salsa a base di rafano.
Semplicità e rusticità in Friuli – Venezia Giulia con brovada e muset. Quest’ultimo è un fratello del cotechino emiliano, mentre la brovada è una grattugiata di rape bianche fermentate con vinacce e aceto, e stufate in padella con brodo vegetale.
Emilia – Romagna vuol dire tortellini e cappelletti, i re della pasta fresca all’uovo ripiena. I primi sono tipici di Bologna, sono piccoli e ripieni prevalentemente di carne cruda (immancabile la mortadella), mentre a Ferrara regnano i secondi, più grandi e con ripieno di carne cotta. Entrambi rigorosamente in bordo di gallina o cappone!

Un nome, un programma per la Liguria: i natalini sono penne lisce molto lunghe, che si cuociono e mangiano (senza spezzarle) in un brodo di cappone e manzo, con l’aggiunta di polpettine di salsiccia.
In Toscana l’antipasto natalizio per eccellenza sono i crostini con fegatini di pollo; questi vengono lessati, tritati e impastati con capperi e acciughe, e infine ammorbiditi in padella con brodo e burro per divenire un composto spalmabile.
Scegliamo un dolce per l’Umbria: il panpepato. Un goloso impasto a base di cioccolato fondente, frutta secca, spezie, uvetta, canditi e mosto cotto, da cui si ricavano piccoli zuccotti da cuocere in forno; un vero e proprio rito e lavoro di squadra nelle famiglie umbre.
Nelle Marche i primattori sono i vincisgrassi; assimilabili alle lasagne emiliane, ma con la differenza fondamentale che il ragù è preparato con carni di animali da cortile e il tocco peculiare delle rigaglie di pollo.

Il Lazio ci offre una zuppa davvero particolare: pasta e broccoli in brodo di arzilla, ossia di razza. Al liquido ottenuto dalla cottura degli scarti del pesce vengono uniti pomodori pelati, acciughe, broccoli romaneschi e spaghetti spezzettati.

In Abruzzo acquista il ruolo di principe della tavola il baccalà in pastella, dove quest’ultima è impreziosita dallo zafferano, uno dei gioielli agroalimentari regionali.
In Campania un rito, ancora più che un piatto: le lasagne al ragù napoletano, fatto di costolette e salsiccette locali di maiale (cervellatine), con l’aggiunta di polpettine fritte. Al posto della besciamella troviamo poi ricotta e provola.
by Sara Comastri