Sfruttando gli ultimi timidi caldi dell’ottobre scorso, ne ho approfittato per andare in Trentino a visitare una nuova cantina.
Senza idee precise e dopo qualche telefonata non andata a buon fine, mi ero quasi arreso, e provai l’ultima carta, quella di presentarmi senza preavviso o telefonata avanti all’entrata.
In maniera decisa mi diressi diretto verso un piccolo Maso familiare con sempre però una sorta di timore finale di arrivare difronte all’ingresso e poi essere rifiutato.
Raccolte le mie ultime speranze e con un cauto ottimismo raggiunsi S. Michele all’Adige ed il luogo che mi ero prefissato di visitare.
Michele all’Adige è una zona storicamente vocata alla coltivazione della vite, dove tanti nuovi e promettenti produttori negli ultimi anni si sono affiancati a nomi classici nel produzione del Trentodoc, con ottimi risultati, riuscendo a mettersi anche in forte evidenza.
Rendendo queste realtà enologiche delle protagoniste di primo piano con la produzione di vini fini, eleganti e di gran personalità.
Tra queste possiamo includere sicuramente anche l’azienda di cui andremo a parlare oggi, cioè, MASO BELLAVEDER.
Rotto l’ultimo indugio arrivai di fronte al cancello imboccai l’ultimo tratto di strada ciotolata che mi portava direttamente difronte all’azienda.
Appena arrivai, notai che nessuna persona c’era all’orizzonte.
Mi guardai attorno, ma come nei film “solo balle di fieno rotolanti” nessun altro movimento.
Ad un certo punto spuntò fuori da una porta un signore baffuto e ben distinto che molto cordialmente mi invitò prima a parcheggiare la macchina e poi ad entrare.
Con un po’ di faccia tosta, che in questi momenti è fondamentale, chiesi disponibilità per poter visitare l’azienda.
Lui cordialmente, accennando un fugace sorriso, sotto quei folti baffi mi fece un cenno positivo con la testa.
Durante le presentazioni del caso, scoprii che quel signore posato era Tranquillo Lucchetta proprietario del Maso.
La visita all’azienda cominciò dalla nuova cantina di lavorazione e di stoccaggio delle uve che è stata ricavata scavando parte del suolo aziendale ed esportando terreno calcareo e roccia dolomia (tipica roccia del territorio).
Finiti i lavori di ampliamento, la parte superiore della cantina è stata ricoperta dal materiale di riporto per ridurre l’impatto ambientale al minio, inserendo la nuova struttura nel paesaggio esistente per un impatto meno invasivo sul territorio e completando l’opera impiantando nuovamente tralci di vite produttivi e non solo per estetica.
L’azienda è costituita da 8ha (ettari) di Vigna a San Michele all’Adige e da 4ha (ettari) di Vigna nella Valle dei Laghi sulla costa del lago di Cavedine vicino al Garda nelle Dolomiti del Brenta.
Quest’ultime sono posizionate a 600 m.s.l.m., dove gli sbalzi termici e le correnti del Garda e abbinate ad un terreno calcare, regalano vini più diritti e longevi.
Mentre nei terreni di San Michele, dove la Marna e predominante, si hanno vini più strutturati.
Le due zone oltre al clima ed al terroir, si diversificano anche per le differenti età tra i due impianti, infatti a San Michele all’Adige si trovano le vigne più vecchie dell’azienda, mentre nella parcella a ridosso del lago di Garda si trovano le vigne di 5 anni più giovani.
I vitigni coltivati dall’azienda sono principalmente Chardonnay (che adoperano maggiormente per le basi degli spumanti), Müller Thurgau, Gewürztraminer, Sauvignon, Pinot Nero, Lagrein e Teroldego.
Gli appezzamenti attorno al Maso sono esposti a Sud-Ovest, sono suddivisi in due parcelle ben distinte ma che riescono a dare a distanza di pochi metri risultati completamente differenti a livello di aromi, di evoluzione e di sapore.
Nella zona più a Valle dell’azienda troviamo un substrato calcareo misto a roccia dolomitica, mentre nella parte a Monte si ha una presenza di un suolo composto da marna ed in predominanza da argilla, che se la si guarda bene da un colore rossastro al terreno.
Arrivati al momento topico della visita mentre eravamo in sala di degustazione, il Sig. Lucchetta mi raccontava del rispetto che hanno verso la vigna, della pianta e di tutto quello che fa parte dell’ecosistema; puntando il più possibile alla salvaguardia della natura.
La sua filosofia di lavoro, è rivolta verso un approccio biologico anche se non espressamente dichiarato nelle etichette.
Come si può capire, non gli interessano le certificazioni perché per lui devono parlare i suoi vini che devono regalare emozioni a chi li assaggia.
A quel punto si può capire la filosofia di questa azienda.
Il lavoro sul campo è molto accurato perché, sempre secondo la sua filosofia, più l’uva è sana meno passaggi in cantina bisogna fare e più il prodotto può esprimere il suo vero carattere.
L’utilizzo di legni grandi (botti) e botti piccole (barrique) è ben equilibrato, serve solamente ad arrotondare le asperità e donare ai suoi prodotti più eleganza ed ampiezza di bevuta tenendoli freschi e genuini.
Durante quella chiacchierata potei degustare un Trentodoc Brut Riserva 2014 Blanc de Blanc da uva Chardonnay, molto fresco, minerale, cremoso e di gran finezza.
Proseguimmo con un Müller Thurgau 2018, prodotto molto tipico e diffuso in regione, ma nello specifico caso anche atipico e fuori dagli schemi classici perché rispetto ai classici, acidi e con sentori floreali, risulta ricco in bocca, sapido ed un fruttato di pesca gialla, con un corpo esile ed asciutto.
Con i rossi ci eravamo divertiti a confrontare le due diverse parcelle di Lagrein presenti nel del Maso a S. Michele, il Dunkan 2016 ed il Mansum Riserva 2016, dove si evidenzia nettamente la differenza di terreno e dell’esposizione.
Il primo con una colorazione più scarica rispetto al secondo con sentori di frutta piena, una nota di spezia dolce e vanigliata, il secondo si presentava più evoluto, all’olfatto note di piccoli frutti rossi maturi e di cacao al palato una lunga persistenza gusto olfattiva.
Dal confronto è stato riscontrato maggiore personalità e maturazione nel Riserva, come ci si poteva aspettare, mentre più dinamicità nel Dunkan 2016.
Le degustazioni si chiusero con un altro “duello” confrontando questa volta, però, i due Pinot Nero provenienti dalle due zone di coltivazione.
Solo una minima parte di produzione di Pinot Nero viene utilizzata per il Trentodoc Rosé perché si preferisce concentrarsi sulla produzione del vino fermo.
Il Pinot Nero San Lorenz 2017 ha i sentori delicati della gioventù ed una pronta bevibilità
.
Ha dimostrato già di avere a mio avviso un buon potenziale di crescita con l’avanzare delle annate.
All’olfatto frutto di bosco come fragola e lampone ed al palato equilibrato, e bilanciata tannicità.
Il Pinot Nero Faedi 2016 sfrutta tutto lo sbalzo termico tra le correnti provenienti dal lago e quelle provenienti dalla montagna.
Naso ampio con sentori di frutta rossa matura e spezie dolci.
Al palato seducente, equilibrato e con un tannino levigato.
Conclusi la visita al Maso a malincuore perché realtà del genere fanno bene al movimento del vino ed al territorio.
Tranquillo Lucchetta si è rivelato un gran professionista, con molta passione per il lavoro che fa, un uomo squisito con il quale è stato un piacere chiacchierare.
Se questa primavera doveste passare per Trento una scappata vi consiglio di farla per conoscere questa azienda.
Il risvolto positivo di queste uscite estemporanee, non programmate, riservano a volte delle piacevoli scoperte di piccole realtà come questa che lavorano con passione e portano avanti i loro progetti e le loro idee con impegno e dedizione.
by Corrado De Marchi sommelier
ph Bellaveder