
Pasquale Marrazzo e Stefano Chiodaroli ci raccontano “Te lo dico pianissimo”
Il racconto simpatico e toccante di una coppia che nella famiglia di “tipo tradizionale” fa fatica ad essere accettata, come faranno i protagonisti a risolvere una questione spinosa?
Tra i titoli di coda compaiono loro: Pasquale Marrazzo, regista e sceneggiatore di Te lo dico pianissimo e Stefano Chiodaroli, uno dei protagonisti del film. Anzi, sarebbe meglio dire “appaiono”, perché i due sono lì, in sala, tra gli spettatori. In modo indipendente dal circuito della grande distribuzione, Te lo dico pianissimo viene presentato con delicatezza e attenzione per il pubblico. Potremmo dire che si recupera, così, una dimensione intimistica del cinema che coinvolge lo spettatore e lo rende destinatario privilegiato del messaggio del film, spiegato dagli stessi autori e interpreti. La torurnée (ci hanno autorizzati a chiamarla così) di presentazione dell’ultima opera di Marrazzo ha fatto tappa al cinema Odeon, nel centro di Vicenza dopo aver toccato molte città italiane tra cui Milano, Roma e Torino. LMF Press ha visto il film per voi e lo ha commentato con loro.
La trama del film, che di per sé narra eventi drammatici quali il lutto, la crisi del rapporto, il pregiudizio e l’ostilità altrui nei confronti dell’omosessualità, assume la veste cinematografica di una commedia. Ciò fa subito emergere la bravura di regia e cast, che hanno saputo far sorridere e riflettere senza cadere nella facile comicità dei luoghi comuni.
Cicci e Nikolas vivono la loro storia d’amore nella quotidianità fatta di lavoro e vita domestica condivisa in un’abitazione in cui l’ordine delle cose rispecchia l’equilibrio solido costruito dalla coppia. A stravolgere tutto arriva la convivenza forzata con Sara e Matteo i figli diciassettenni che Cicci ha avuto dal suo precedente matrimonio già terminato da anni e con le loro tre zie. Infatti, in seguito all’improvvisa morte dell’ex moglie di Cicci, i due ragazzi vengono affidati al padre, ma le sorelle di lui non ritengono adeguata la sistemazione a causa dell’omosessualità della coppia.
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Guardando il film si coglie subito un registro interpretativo particolare, di chiara impostazione teatrale. Potremmo definirlo il tratto distintivo dello stile del film?
In un certo senso sì, abbiamo curato moltissimo l’interpretazione – ci racconta il regista Pasquale Marrazzo – alcune scene sono state ripetute per decine di volte per ottenere ciò che avevo in mente e sono state tutte riprese con la tecnica dei piani sequenza (che per i non addetti ai lavori significa utilizzare una sola inquadratura che rispetta i tempi reali in cui si svolge la scena).
Quanto è stato difficile prepararsi alla recitazione? ci viene subito da chiedere a Stefano Chiodaroli che stupisce nel film con un ruolo gay che non ci aspetteremmo.
Mi sono preparato ad interpretare un uomo innamorato, senza badare al gusto sessuale e poi, sul set, Pasquale è stato un regista paziente, rispettoso dei tempi di noi attori. Nel mio caso ho compiuto un lavoro di sottrazione essendo abituato a interpretare personaggi esagerati. Il risultato, poi, dipende dal lavoro di squadra e noi ci siamo impegnati molto (anche divertiti!). Con alcuni del cast ci conoscevamo già, come Lucia Vasini, per esempio, che nel film interpreta un ruolo fondamentale quello dell’acidissima zia Giuditta. Pietro invece, il Nikolas mio compagno nel film, l’ho incontrato proprio per questo lavoro. Tra tutti noi è nata una bella amicizia che continua a tenerci legati in questo periodo di promozione del film.
Da dove arriva lo spunto per questa storia?
Me lo chiedo anch’io! – scherza Marrazzo -. Quando sono ispirato creo in modo spontaneo, ma dopo aver tracciato l’impianto della storia, lo capovolgo, lo disegno di nuovo per allontanarmi dalla banalità e inserire svolte inattese. Per mitigare la mia razionalità attingo alla mentalità femminile, che conosco bene essendo il terzogenito di undici figli di cui sette sono femmine! Crescendo mi sono convinto che la donna tenda a interrogarsi sulle cose analizzando ogni aspetto e il suo contrario, ponendosi continue domande. Il mio lavoro procede un po’così.
Il vostro modo di presentare il film, incontrando dal vivo gli spettatori fa intuire che abbiate un progetto particolare. È così?
Sì, con Te lo dico pianissimo vogliamo trasmettere un messaggio che ancora fa fatica ad essere accettato, soprattutto se viene affrontato non in un’ottica di pietismo, ma con l’approccio della assoluta normalità. Ho scelto di parlare di una storia d’amore, senza etichette, senza lezioni morali da impartire. Questa è una storia d’amore come tante: un rapporto stabile viene messo in crisi da uno sviluppo inatteso che ostacola il rapporto. La coppia può soccombere oppure no. Questo sguardo trasparente ancora disturba. Soprattutto in un paese di tradizione cattolica come il nostro, dove, anche se non sei credente, la tua formazione è cattolica.
La prima volta che avete riguardato la pellicola cosa avete pensato?
Che non avremmo avuto vita facile! O meglio, è un film che ha molto potenziale commerciale, ma abbiamo voluto che fosse libero, indipendente. Da comico – osserva Stefano – mi rendo conto che uno dei rischi che corre il pubblico è di piegarsi alla convenzione del pensiero per applaudire alla fine del film, ma avanzare critiche lontano dalla sala. Eppure, mi sento privo di ansia da consenso perché so che abbiamo fatto un buon lavoro.
E i dati vi danno ragione!
Sì – afferma Pasquale – Il trailer è stato cliccato sul web e guardato interamente da più di 130.000 persone e abbiamo avuto anche qualche dedica sui social da personaggi del mondo dello spettacolo.
Ultimissima domanda: il titolo?
La canzone di Rita Pavone “Fortissimo” parla di un’innamorata che vorrebbe gridare al mondo intero il proprio amore e invece deve dirlo pianissimo solo a colui che ama. Ci sembrava una perfetta colonna sonora per il film…anche se in realtà nel film non si sente mai. Ma questa è un’altra storia.
Magari la racconterete a chi viene ad incontrarvi in sala?
Con piacere! Vi aspettiamo.
By Claudia Vigato