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Dai cibi pronti al food delivery al tempo del coronavirus

Lo stato di emergenza conseguente alla diffusione del Coronavirus ha apportato significativi stravolgimenti alla nostra quotidianità. Un evento inaspettato e dirompente, dai risvolti tragici in termini di perdite di vite umane e ferite inferte al sistema economico; ma crediamo che non sia retorico e superficiale affermare che questa esperienza ci abbia anche restituito qualcosa.

Pensiamo alla possibilità di gestire il proprio tempo, di dedicarsi a incombenze rimandate da troppo o a passioni e hobby accantonati, di godere con lentezza di quei piccoli gesti normalmente fagocitati dalla frenesia quotidiana; assaporare il caffè, leggere un libro, ascoltare la musica preferita. La semplicità ha riacquistato valore, ed è auspicabile che non si rinunci del tutto all’importanza di questa riscoperta, una volta che avrà luogo il tanto anelato ritorno alla normalità.

In questo contesto, uno dei simboli più gloriosi e identitari dell’italianità ha riacquistato prepotentemente quegli spazi sempre più erosi dalla scarsità di tempo e dalle esigenze lavorative: la cucina casalinga.  Numerose famiglie si sono trovate, da un momento all’altro, davanti all’incombenza di preparare tre pasti al giorno per l’intero nucleo, necessità ulteriormente acuita dallo stop alla ristorazione. La stessa programmazione sistematica di cosa portare in tavola non era più affare di tutti i giorni, dato che le già menzionate costrizioni avevano sempre più incentivato il ricorso a cibi pronti e al food delivery.

Uno stravolgimento iniziale che presto si è però tramutato in uno dei passatempi, e fonti di gioia e divertimento, principali di questa reclusione forzata. D’altronde, la passione per la cucina e il buon cibo è nel nostro DNA di italiani, è parte integrante delle tradizioni e del bagaglio culturale con cui siamo cresciuti, e si è rivelato naturale rivolgersi ad essa come compagna di viaggio, e ragione di conforto, in questi giorni particolari e difficili.

Inoltre, la cucina è riuscita a svolgere il suo ulteriore, ma non meno importante, ruolo di veicolo di condivisione e convivialità anche in assenza di vicinanza fisica. Hanno proliferato sui social network le foto delle creazioni casalinghe, stimolando la curiosità, il desiderio di emulazione e le richieste reciproche di ricette e consigli culinari. Anche i grandi chef stellati, oltre agli influencer più in voga e seguiti, hanno messo a disposizione le loro abilità e idee dalla cucina di casa, mettendosi sullo stesso piano di noi cuochi “fai da te”. Infine, e soprattutto, si è ricreato uno spirito di collaborazione all’interno delle famiglie, riunite come non accadeva da tempo nella condivisione di questo gioioso atto, e nel ravvivamento della fiamma del focolare domestico.

Persino diversi locali e ristoranti che hanno continuato ad operare con le consegne a domicilio, hanno deciso di assecondare questa rinnovata voglia di mettersi alla prova, consegnando non piatti finiti, ma solamente gli ingredienti, da assemblare secondo le istruzioni fornite.

Quali sono state le preparazioni e i piatti prediletti della quarantena? Soprattutto quelle più semplici e tradizionali, ma allo stesso tempo più penalizzate dalla carenza di tempo, in quanto bisognose di quelle fasi manuali, di riposo e talvolta di lente cottur,e che caratterizzano tipicamente le nostre ricette del cuore, le ricette della nonna. Ecco che nelle bacheche social è comparsa una moltitudine di foto di pane, pizze e focacce fatti in casa, pasta fresca, lasagne e paste al forno, sughi fatti “pippiare” a lungo (prendendo a prestito il pittoresco gergo culinario napoletano), melanzane alla parmigiana, biscotti e quelle torte semplici e genuine atte ad impreziosire una colazione troppo spesso frettolosa e trascurata.

Molte preparazioni di questo tipo si sono anche prestate con facilità (soprattutto per la componente ludica dell’atto dell’impastare) al coinvolgimento dei bambini, che hanno subito privazioni particolarmente pesanti, e hanno richiesto nuove attenzioni e modalità di intrattenimento.

Coloro che hanno la fortuna di possedere anche solo un giardinetto, o un balcone di grandezza sufficiente, si sono poi prodigati nell’utilizzo del barbecue; volendo menzionare una personale fonte di allegria e conforto in questo periodo, mi vengono proprio in mente gli effluvi che spesso hanno permeato l’aria, e di cui mi inebriavo nelle brevi passeggiate intorno all’isolato.

Vorrei dedicare l’ultima parte dell’articolo ad una attività culinaria che mi sta particolarmente a cuore, da buona emiliana nonché sfoglina dilettante: la pasta fresca fatta in casa. E’ stata già appurata la valenza rilassante e terapeutica dell’atto dell’impastare (più in generale, di tutti i lavori manuali), tanto che viene sperimentata con regolarità in diversi programmi di riabilitazione, anche nelle carceri. Il vincitore dell’edizione 2012 del programma “The Great British Bake Off” ha dichiarato apertamente che impastare con regolarità lo ha aiutato ad uscire da una pericolosa depressione.

Dilettandomi ogni tanto in questa meravigliosa arte, posso confermare che è un toccasana per la mente e per l’anima; il turbinio di pensieri e preoccupazioni viene assorbito dal regolare e carezzevole movimento delle mani, e l’attenzione è tutta rivolta all’ottenimento della mitica palla morbida ed elastica. Per non parlare della soddisfazione di stendere la nostra pasta (mattarello o macchina che sia, anche se la ruvidità ottenibile con il primo è impareggiabile), e di vederla pian piano allargarsi in una sottilissima spianata; impresa che appare impossibile all’inizio, ma che con un pochino di pratica diviene alla nostra portata. E siccome vale sempre il motto “Mens sana in corpore sano”, è pure una efficace ginnastica per i nostri arti superiori!

Consiglio dunque a tutti di ricavare qualche spazio per praticare questa vera e propria arte; per i neofiti non mancano tutorial video su Internet, nonché (quando sarà possibile) corsi specifici che si sono sempre più diffusi, anche presso centri ricreativi e circoli.

L’auspicio finale è che tutti possano riprendere a pieno regime le proprie attività lavorative, e che le nuove abitudini e regole cui dovremo sottostare nei primi tempi non scoraggino la volontà di sostenere il ramo della ristorazione (nonché, a monte, l’intera filiera agroalimentare). Ci auguriamo, comunque ,che il ritorno alla normalità non comprima nuovamente quegli spazi che ci siamo riguadagnati, e che la cucina casalinga continui ad essere coltivata e praticata, anche come omaggio ad un Paese che ha assoluta necessità di risollevarsi.

Sara Comastri

 

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