
Confini Sospesi
Un momento toccante che porta il nostro occhio a viaggiare attraverso una spazio che non ha confini e nel quale l’occhio umano percepisce sentimento e passione per cogliere la bellezza nella sua totalità

Lo sguardo esperto di Davide Bramante si dilata, a cogliere, con la velocità di un battito d’ali, ciò che più lo affascina e ne cattura l’attenzione; immagini incise nella memoria, rese immortali dallo scatto fotografico e poi organizzate entro i confini dell’opera e risultanti in una visione apparentemente unitaria, ma che, in realtà, ne custodisce ed armonizza tutte le altre, ancora percepibili ad uno sguardo attento e lasciato libero di soffermarsi a cogliere ciò che più coinvolge, in quel dato momento. L’attivazione di questo scambio dona pertanto vita sempre nuova alle immagini, e consente all’occhio di chi guarda di continuare a volare entro confini, che, appunto, restano sospesi per definizione.
Al centro del Salone, le tre visioni di New York, San Pietroburgo e Madrid con la carta geografica dei continenti, suggeriscono la mappatura geografica del mondo, osservato più da vicino, nel corso dei vari scatti su Bologna, della quale Bramante coglie appieno la bellezza delle architetture e delle piazze, la memoria storica, simboleggiata da dettagli di affreschi di Palazzo Bevilacqua Ariosti e altresì ne coglie l’anima più contemporanea, graffiata e studentesca. Bramante ci trasporta nel suo mondo, un universo per il quale il confine è solo temporaneo; un volo che finisce, per poi subito aprire le ali a quello successivo, seguendo la direzione del proprio sentire e trasportato dall’entusiasmo di ogni nuova scoperta, per continuare ad arricchire di dettagli e di sfumature l’arazzo infinito della nostra esistenza.
Per Dario Goldaniga esistono, anzitutto, le bruciature. Segni di fuoco raccolgono le sofferenze del vivere lasciandone tracce indelebili sulla pelle; la pelle del corpo, anzitutto; e poi ad incidere di solchi nitidi e precisi la superficie sferica, integra e perfetta di un globo/universo che, nel raccogliere le singole tracce, le accoglie e riorganizza in un tutto organico. È allora una grande mappa quella che appare ai nostri occhi; la geografia di un mondo immaginario, ri-composto nei suoi continenti; un universo che si allarga ad abbracciare il sotto ed il sopra, fermo nella visione di cieli e di terre a testimonianza di uno status quo immaginario e temporaneo. È l’attimo catartico in cui, come per incanto, tutto si ricompone; l’utopia di un universo statico nella sua perfezione che però, si ri-sgretola il momento successivo, per poi ricomporsi nelle sue innumerevoli ipotesi di percorso. Sono allora sospesi i confini, nelle sue opere, sospesi entro lo spazio di una visione che porta in sé la tensione dinamica verso il dopo. Frammenti lucidi di metalli, casualmente fuoriusciti dallo scarto di una fusione, ai quali Goldaniga restituisce la dignità di una nuova forma; levigati con maestria e certosina attenzione, amati quali parti vitali di un tutto in fieri, che, pezzo per pezzo, nelle sue mappe, paiono ricomporre l’eterno mosaico della nostra esistenza. Il nostro sguardo si apre ad abbracciare la visione di questo universo allargato; al centro della corte esterna del palazzo, laddove il pozzo antico funge da fulcro, la grande sfera ci attira alla sua presenza, assorbe e riflette il nostro sguardo e ci catapulta dentro ad un mondo-altro, del quale non siamo che piccola parte.